La riforma della “Class action”, operata con la legge12 aprile 2019, ha determinato la
trasmigrazione della disciplina azione di classe dal Codice del consumo a quella del Codice di procedura civile, nel quale i rinominati procedimenti collettivi trovano la loro collocazione agli articoli 840 – bis e seguenti.
Per quanto riguarda le forme di avvio e di svolgimento di tale procedimento, l'art. 840-ter c.p.c. sancisce che esso è regolato dal rito sommario di cognizione di cui all'art. 702-bis e seguenti.
L'art. 3 del d.lvo 149/2022 (più noto come Riforma Cartabia), entrato in vigore il 28 febbraio scorso, ha tuttavia comportato l'espressa abrogazione degli articoli 702-bis e seguenti c.p.c., disciplinanti proprio il rito sommario di cognizione a cui, come detto, tuttora fa riferimento l'art. 840-ter in materia di azione di classe, non essendo per contro stata tale ultima disposizione modificata dalla Riforma Cartabia.
L'azione di classe, così come recentemente concepita ed attuata dal legislatore, si trova quindi oggi sfornita dello strumento processuale attraverso cui i soggetti titolari di diritti omogenei possano far valer le loro ragioni nelle aule di giustizia.
Questo vuoto normativo, causato dal “baco” della Riforma Cartabia, apre agli interpreti della legge, primi tra tutti i giudici, vari possibili scenari:
una prima interpretazione può far ritenere come “sopravvissuto” all'abrogazione determinata dalla riforma, il rito sommario di cognizione, ma solo in relazione all'istituto dell'azione di classe;
una seconda interpretazione può far propendere per l'implicita sostituzione all'abrogato art. 702-bis, del neo introdotto “procedimento semplificato”, disciplinato dagli articoli 281-decies e seguenti c.p.c.;
una terza interpretazione può sostenere che l'abrogazione del procedimento speciale previsto dall'art. 702-bis, abbia di fatto ricondotto la disciplina dell'azione di classe nell'alveo generale del rito ordinario di cognizione, che regola lo svolgimento della cause civili, generalmente intese.
Non vi è dubbio che il vuoto normativo così creato rischia di favorire una contrapposizione di interpretazioni giurisprudenziali, suscettibile di avere un grave impatto sulle azioni di classe che verranno di qui in avanti promosse, data l'incertezza dell'esattezza nella scelta del rito adottato in assenza di una chiara indicazione normativa in proposito.
Per evitare, dunque, che la questione venga dibattuta per anni nelle aule di giustizia, per approdare infine, forse fra un decennio, ad una soluzione uniformatrice da parte delle Sezioni Unite della Cassazione, appare necessario che il legislatore, artefice di questa lacerazione del tessuto normativo, adotti quanto prima un provvedimento di interpretazione autentica, specificando quali norme debbano applicarsi in luogo di quelle abrogate.
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